22 Luglio 2015 di staff

Il Buran ha viaggiato nel cosmo e poi, al ritorno, per Il suo ultimo viaggio da mosca alla Germania, è stato trasportato da un aereo, da una nave, da una chiatta e da quattro Mercedes Actros

È l’aprile del 2008, nel porto di Rotterdam, in Olanda, una gru deposita lentamente una navicella spaziale su un semirimorchio a pianale ribassato a sedici assi trainato da un Mercedes-Benz Actros SLT 4160 8×6/4 dell’azienda di trasporti Kubler. La navicella spaziale è il mitico prototipo OK-GLI dello shuttle russo Buran (nome che significa “tempesta di neve”), l’unico veicolo spaziale capace di rientrare nell’atmosfera terrestre e atterrare in modo completamente autonomo, senza astronauti a bordo.
Comincia così l’ultima parte del suo viaggio…

mercedes-benz-actros-navicella-spaziale-buran-atl4160-museo-della-tecnica-speyer-04

CIELO, TERRA, ACQUA
Il Buran arrivava davvero da lontano.
Il suo viaggio era iniziato a Mosca da dove, a cavallo di un gigantesco aereo Antonov era stato trasportato per un’esposizione in Bahrein, negli Emirati Arabi.
Da lì era stato imbarcato e dopo avere attraversato il Canale di Suez e tutto il Mediterraneo era finalmente approdato a Rotterdam, sul Mare del Nord.
Da lì, dopo un primo breve tratto in autostrada, era stato di nuovo imbarcato, questa volta su una chiatta sul fiume Reno, in Germania, insieme al suo nuovo “angelo custode” l’Actros Titan della Kubler incaricato di portarlo fino alla sua destinazione finale nel Museo della Tecnica di Spira, a 100 km da Francoforte.
Il suo ultimo viaggio ha attirato migliaia di spettatori, ma non si trattava solo di una folla di appassionati di mezzi spaziali.
In molti erano lì per vedere in azione un altro gigante: l’Actros SLT 4160.

IL “TITANO” AL LAVORO
L’Actros SLT 4160 è un vero campione della strada, omologato per un peso totale
a terra di 500 t.
La formula 8×6 con tre assali motori e bloccaggi del differenziale migliora notevolmente
la trazione rispetto alla variante 8×4 e assicura il massimo dell’affidabilità anche su fondi con scarsa aderenza.
I due assali sterzanti lo rendono particolarmente maneggevole, elemento essenziale per chi è impegnato in trasporti eccezionali e ha bisogno di effettuare manovre precise al millimetro.
Il motore V8 Mercedes-Benz OM 502 LA BlueTEC 5 da 16 litri eroga una potenza di 609 cv e sviluppa una coppia massima di 2.400 Nm a 1.080 giri/min.
Il cambio è un 16 marce Mercedes-Benz G 240, con convertitore di coppia-frizione WSK 400 e retarder; il ripartitore di coppia con riduttore per la marcia fuoristrada evita interruzioni della forza di trazione su fondo scivoloso durante i cambi marcia.
Insomma, con queste specifiche, l’Actros SLT trasmette un senso di potenza e sicurezza che gli fanno meritare l’appellativo di “Titan”, “titano”, avvitato sulla griglia del radiatore.
Di serie anche i quattro fari supplementari, l’avvisatore acustico ad aria compressa e i tre proiettori alloggiati sul retro della cabina, perfetti per le operazioni notturne.
Anche la cabina è concepita su misura per le esigenze degli specialisti di trasporti eccezionali.
Nel lavoro quotidiano di questi autisti “speciali”, succede spesso, per ragioni legate alla logistica, di attendere anche una giornata intera prima di potere ripartire di notte in autostrada.
Per questo, la cabina dispone di tutti i confort, perché poi, quando si riprende il viaggio, bisogna essere perfettamente riposati, pronti ad affrontare qualsiasi imprevisto.

UN GIGANTE TRASPORTATO DA UN TITANO
Se l’Actros Titan è un vero campione nel suo genere, lo stesso si può dire del Buran. Lungo 36 m, alto 17 e con una apertura alare di 23 m. il Buran era nato per essere il fiore all’occhiello del programma spaziale dell’ex Unione Sovietica.
Il 15 novembre 1988 la navicella fu portata in orbita dal razzo Energia e rimase in volo tre ore e 25 minuti, compiendo due giri attorno alla Terra, per poi ritornare nell’atmosfera alla strabiliante velocità di 27.000 km/h (circa a 24 volte la velocità del suono).
Il test fu un successo straordinario e ancora oggi il Buran resta l’unico veicolo spaziale mai atterrato in completa autonomia (lo Space Shuttle americano era guidato manualmente dagli astronauti a bordo).
Purtroppo, nonostante la sua tecnologia, il crollo dell’URSS e la conseguente crisi economica furono fatali al programma, che è stato sospeso, condannando il Buran a un forzato prepensionamento.

QUATTRO ACTROS IN FILA INDIANA
Viste le dimensioni della navicella e la natura del percorso da affrontare, con strade strette, costeggiate da boschi, gli uomini della Kubler Spedition hanno scelto di dividere il Buran in quattro parti.
La fusoliera viaggiava a rimorchio del Titan, le due ali e la coda erano state assicurate su tre semirimorchi a cinque assi piazzati dietro altrettanti trattori Actros 3353 6×4 da “soli” 530 cv, più piccoli ma altrettanto impressionanti.
Vederli in fila indiana, era come vedere un Tiranno-sauro seguito dai suoi tre cuccioli, ognuno con la sua porzione di preda stretta tra le fauci!
Nonostante questa suddivisione, non sono mancati i momenti di tensione, anche per la presenza di una folla entusiasta, che gli uomini della sicurezza hanno dovuto tenere a distanza, o per certi passaggi a ridosso degli alberi, che hanno fatto sudare freddo sia gli autisti al volante che i loro accompagnatori a piedi.

IN BUONA COMPAGNIA AL MUSEO DI SPIRA
Alla fine, tutto è filato liscio.
Il Buran adesso fa bella mostra di sé nel Museo della Tecnica di Spira.
Gli fanno buona compagnia altri giganti: un Boeing 747 posizionato sul tetto del museo,
un aereo-cargo russo Antonov e un sommergibile U-205 “parcheggiato” in giardino.
Insomma, un museo da non perdere, per tutti gli appassionati.

Lascia un commento

qui